Tantissimi birrai casalinghi cercano informazioni e consigli sull’utilizzo del miele nella birra . Il miele è alimento nobile quindi una birra con miele deve necessariamente essere di alta qualità. Anche nelle semplici birre da kit, l’uso del miele al posto dello zucchero è visto come un toccasana produttivo.
c’è da dire una cosa però, il miele in tutte le ricette deve essere utilizzato in modo corretto.
Nella produzione della birra artigianale il miele insiem agli altri ingredienti tra cui il malto d’orzo i luppoli e spezie varie può essere di aiuto fondamentale per il mastro birraio e dare delle sfumature alla birra davvero particolari.
Il materiale amidaceo , assieme al malto d’orzo e quindi il rapporto finale di zuccheri fermentabili/destrine legato alle “aggiunte” segue quello generale, deciso dalle scelte produttive del birraio tramite gli step di temperatura nella fase di saccarificazione. Per quanto riguarda gli zuccheri derivati dalla frutta o da altro materiale raffinato, quasi sempre si tratta glucosio, fruttosio, saccarosio o similari, ossia di zuccheri immediatamente fermentabili dal lievito di birra.
Zuccheri più o meno fermentabili
Il miele, è costituito fondamentalmente da acqua e zuccheri semplici immediatamente fermentabili, ecco un esempio degli effetti di un utilizzo eccessivo di miele.
– diminuizione del “corpo” della birra, rendendola più “secca” e MENO dolce
– gradazione alcolica leggermente più elevata rispetto a birre di solo malto
– aromi apportati dal miele
Il miele è un ingrediente nobile e costoso, quindi non vale la pena
sostituirlo allo zucchero (da tavola o di canna) come sempice materiale
fermentabile. Qualora tuttavia fosse questo lo scopo, il miele deve
essere inserito in piena bollitura con un incremento del 20% in peso
rispetto allo zucchero previsto.
Ha senso invece un suo utilizzo allo scopo di apportare aromi particolari alla birra.
A questo scopo quindi conviene:
– mettere il miele a fine bollitura, o addirittura a fermetazione già iniziata
– utilizzare mieli non “industriali” ossia non filtrati e pastorizzati
– utilizzare varietà particolari; non quindi millefiori o acacia (di
aroma generalmente lieve), ma castagno (che apporta un amarognolo
gradevole), arancio, corbezzolo, etc. a seconda dell’impronta aromatica
che si vuole dare alla birra.
Bisogna poi tenere presente che la “melata”, ossia il miele derivato non da polline, ma dalla secrezione di particolari afidi (per approfondimenti: it.wikipedia.org/wiki/Melata), varia in composizione zuccherina rispetto al normale miele, raddoppiando la percentuale di zuccheri non (o meno) fermentabili e rendendo la birra prodotta con miele di melata effettivamente più “dolce” e con corpo più marcato.
Quanto miele?
La quantità di miele da inserire in ricetta deve essere coerente con
lo stile ricercato e in linea generale non esagerare per non creare una
birra troppo sbilanciata verso l’alcool e dal corpo troppo esile.
Per quanto riguarda l’aroma, fatto salvo quanto sopra espresso circa il
diverso impatto di differenti varietà di miele, a grandi linee si può
considerare che le seguenti percentuali di materiale fermentabile dato
dal miele rispetto al totale possono produrre:
– da 3 a 10%: aroma lieve e delicato, leggero floreale
– da 10 a 30%: forte aroma di miele che dovrebbe essere bilanciato da malti scuri, spezie o luppolo
– oltre 30%: birra dominata dall’aroma di miele (braggot)
Dando un’occhiata alle birre al miele “commerciali” come ad esempio la Barbar [Br. Lefevre], Biere au Miel [Dupont], Bière des Ours [Binchoise] hanno una percentuale minima di miele: circa 2-3%. Sono birre molto dolci non per la presenza di miele ma per una elevata percentuale di destrine derivate dal malto. In Italia, esempi di birre al miele sono la Martellina [Mosto Dolce], Nectar [32 Via dei Birrai], Melissa [Grado Palto], ma esistono moltissime altre etichette.
L’uso del miele nell’homebrewing deve essere portato avanti con
attenzione. E’ vero che sopra si suggerisce di utilizzare mieli non
industriali per massimizzare l’impatto aromatico in ricetta, tutavia è
bene sapere che il miele non processato contiene enzimi e lieviti
“selvaggi”. Per non avere sorprese date dallo sviluppo indesiderato di
lieviti o batteri, è consigliabile trattare in qualche modo il miele
prima del suo utilizzo.
Se immesso a fine bollitura, è opportuno inserirlo a mosto ancora ben
caldo; se aggiunto a fermentazione già iniziata, è possibile effettuare
una blanda pastorizzazione, a bagnomaria a 70C per 5-10 minuti oppure
miscelarlo in acqua calda allo scopo di raggiungere tale temperatura,
mantenuta per altrettanti minuti. Terminata la “scottatura” del miele,
questo deve essere raffreddato ed inserito nel fermentatore. Il momento
migliore è dopo 2-3 giorni circa dal’inizio della fermentazione, quando
il lievito ha già raggiunto o appena superato la sua massima attività.